Il Coaching Umanistico applicato allo sport

Appunti in preparazione del Corso di Specializzazione in Sport Coaching

Esiste un equivoco di fondo sul mental coaching. Il mental coaching è considerata un’attività aggiuntiva all’allenamento fisico. A fianco agli esercizi tattici, fisici e tecnici, si sommano gli esercizi mentali oppure sessioni per problemi relazionali (o di altro tipo) che inficiano la prestazione sportiva. Sommare l’allenamento mentale all’allenamento fisico è un paradigma che ha le sue radici nelle prime teorie dell’allenamento sportivo.

La “scienza dello sport” si è fondata sulla riflessologia pavloviana, egemone in Unione Sovietica. Secondo tale teoria, il corpo reagiva agli stimoli ripetuti nel tempo sviluppando l’adattamento migliorativo nella prestazione. La mente non era importante. Questa teoria però non poteva spiegare le performance che richiedevano creatività tattica e gioco di squadra. Per esempio non riusciva spiegare quella straordinaria invenzione umana che è la “finta”, gesto che richiede anticipazione, immaginazione, creatività.

Il corso che proponiamo come Scuola di Coaching Umanistico si fonda invece sulla psicofisiologia. Un’enorme mole di studi ci dice che la mente è all’origine di ogni gesto sportivo e che ogni gesto sportivo è mente incarnata. La mente, prodotto delle facoltà umane (intelligenza, memoria, immaginazione, sentimentalità, attenzione, percezione), non è un prodotto aggiuntivo della prestazione, ne è la matrice, il regista, il protagonista, insieme al corpo, perché ogni movimento sportivo nasce dalla prefigurazione, dall’anticipazione, dall’immaginazione e dalla forza energetica fornita dalla motivazione emotiva e sentimentale. La mente è un prodotto del corpo e a sua volta forgia e modifica il corpo. Porre al centro dell’allenamento sportivo l’importanza della mente modifica l’approccio allenante e relazionale con l’atleta o la squadra. Il mental coaching non è un elemento che si aggiunge, ma è parte integrante della preparazione e della prestazione sportiva.

Nella nostra esperienza, l’allenatore sportivo che ha una preparazione nel campo psicofisiologico, mentale e (scandalo degli scandali) filosofico elabora programmi allenanti del tutto diversi dall’allenatore che ha solo una preparazione tecnica. Laddove il mental coaching è applicato da un coach umanista, questo non si aggiunge all’allenatore, ma lavora in modo integrato in un’equipe composta da allenatore, coach e altre figure determinanti (dal nutrizionista al fisioterapista). Lo sport diviene così un’occasione di autorealizzazione, un campo di sperimentazione della felicità, un laboratorio di sviluppo del talento e soprattutto un’occasione per costruire relazioni che siano benefiche, soddisfacenti e potenti al tempo stesso. Nascono nuovi programmi, nuovi strumenti di valutazione e nuove tecniche allenanti la cui funzione fondamentale è subordinare la performance alla crescita dell’atleta in termini di soddisfazione di vita. Lo sport come occasione di felicità ha enormi riflessi anche sulla performance sportiva. 

 

Luca Stanchieri

 

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